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Riscrivi le pagine della tua vita. Parlano le autrici del bestseller di Rizzoli

Riscrivi Le Pagine Copertina

Genova è la Capitale del Libro 2023. Perciò, noi di itGenova, abbiamo deciso di omaggiare questo fantastico traguardo raggiunto dalla città marinara, pubblicando su questo sito una serie di interviste ad autori italiani e internazionali. La nostra seconda intervista per omaggiare Genova Capitale del Libro 2023 è alle autrici del bestseller di Rizzoli “Riscrivi le pagine della tua vita”. Si tratta di un libro che io stessa più volte sono andata a ricercare in libreria trovando il tutto esaurito. Sono comunque riuscita ad accaparrarmi la mia copia di un testo che da sempre avrei voluto esistesse, e ora è realtà. Anna De Simone e Ana Maria Sepe – fondatrici di Psicoadvisor – sono le autrici del libro che consente di ricreare la propria esistenza con i propri tempi e alle proprie condizioni. Lo fa componendosi di molti capitoli nei quali, pezzo dopo pezzo, vengono forniti dalle due psicologhe tutti gli strumenti per la comprensione di sé stessi sin dagli albori, partendo dall’infanzia.

Anna De Simone autrice di Riscrivi le pagine della tua vita
Anna De Simone

Essa lascia infatti delle tracce indelebili su di noi che è importante imparare a decifrare, pena la presenza di “malesseri occulti” propri di chi finisce col vivere “in continuo affanno e spesso si rema contro”, “un malessere che fa sì che la tua vita sia quello che ti capita e non quello che desideri veramente”. A volte finiamo con l’essere come gli altri ci fanno sentire, perché il bambino che eravamo, avrà interiorizzato il punto di vista esterno su chi è. Ogni giorno – con le loro parole e le loro azioni – gli altri ci plasmano e ci raccontano come strutturare la nostra identità.

Ana Maria Sepe autrice di Riscrivi le Pagine della tua vita
Ana Maria Sepe

Ma si tratta di una sorta di bluff che può essere spezzato se impariamo a guardarci dentro e a scoprire davvero, giorno dopo giorno, chi siamo. Siamo cresciuti pensando di dover conquistare l’amore a caro prezzo, anziché convenire che questo sia l’evoluzione naturale di un rapporto fatto di reciprocità. Ed è così che abbiamo profuso le nostre migliori energie e donato ogni parte di noi a persone che poi hanno dimostrato di non meritarci. “Si nasce due volte” – scrivono le autrici. “La prima quando vieni al mondo. La seconda quando decidi di volerti bene”.

Riscrivi le pagine della tua vita, il nuovo straordinario successo edito da Rizzoli

Anna e Ana come nasce Riscrivi le Pagine della Tua Vita?

Ciao Antonella, «Riscrivi le Pagine della Tua Vita» nasce da tanti incontri, tanti confronti e soprattutto dall’esigenza di dare qualcosa in più ai nostri lettori. Al contempo, restituire un po’ di fiducia alla psicologia, una disciplina che tante volte non viene neanche considerata o presentata al pubblico come una vera scienza. Eppure le scienze psicologiche, al pari della biologia e della medicina, si servono di metodologie “evidence based” per mettersi al servizio del benessere umano. Il nostro primo libro è stata la naturale evoluzione del lavoro di divulgazione che facciamo su Psicoadvisor, la rivista web di psicologia e crescita personale più seguita d’Italia. Per scriverlo siamo partite da una fitta letteratura scientifica ma ci siamo servite anche delle nostre vulnerabilità.

Riscrivi Le Pagine Della Tua Vita
Il libro è disponibile in formato cartaceo e e-book

Durante gli incontri, io e Ana ci mettevamo a nudo. Lei scrutava nei miei vissuti e io nei suoi. Alla fine, in quel libro c’è tanto di noi sia in termini nozionistici (le conoscenze accumulate negli anni di studio), sia in termini di vissuti (le sofferenze e le emozioni che fanno parte della vita e ci accomunano tutti).

Siete consapevoli di aver fatto un regalo a migliaia di lettori in un’epoca in cui paradossalmente
c’è poco rispetto per sé stessi?

Adesso sì, ma appena dopo la stesura del libro i dubbi erano tanti. Abbiamo capito di aver scritto un libro capace di fare la differenza solo nei mesi successivi al debutto. Ciò, non tanto per le ristampe e per l’esorbitante volume di vendite raggiunte, quanto per i messaggi ricevuti dai lettori. Tutt’oggi riceviamo centinaia di messaggi di ringraziamento. Quando leggi persone che ti scrivono (e cito testualmente) «Riscrivi le pagine della tua vita mi ha cambiato la vita» oppure «me lo ha consigliato la mia psicoterapeuta e mi sta aiutando nel mio percorso di rinascita», allora lì capisci che sei riuscito a trasmettere proprio ciò che volevi!

La mancanza di una cultura emotiva come precursore di uno scarso rispetto di sé?

Il poco rispetto per sé non è caratteristica esclusiva di quest’epoca, è uno di quei mali transgenerazionali che ci trasciniamo avanti da secoli. Il motivo? Purtroppo nella nostra società manca una cultura emotiva, ancora si fa differenza tra “salute del corpo” e “salute della mente”. Quando durante presentazioni ed eventi parliamo dell’impatto delle emozioni sul nostro corpo, tra il pubblico c’è sempre qualcuno che ci chiede se ci siamo ispirate alla filosofia buddista. Noi sorridiamo e spieghiamo che si tratta di mere evidenze scientifiche! Nella mente di un pubblico naïf viene evocato il buddismo. Ciò perché nella cultura orientale vige il principio di unicità tra mente e corpo, ma mente e corpo sono imprescindibili anche per la scienza. Solo che poche persone lo sanno! Imparare a rispettarsi equivale a prendersi cura della propria mente quanto del corpo.

Riscrivi le tue relazioni interpersonali e i loro processi

Anna e Ana, come mai oggi ci sono così tante persone che soffrono sentendosi calpestate nei rapporti con gli altri?

Se il rispetto di sé è una carenza transepocale, nella società in cui viviamo si sono acuiti dei disagi identitari e interpersonali. Da un lato subiamo i retaggi del passato e dall’altro ci prendiamo i rischi delle nuove frontiere sociali, primi tra tutte i social network. Chi vive nell’era odierna ha tante opportunità ma poche risorse per sfruttarle e così finisce per esserne schiacciato. I social network sono diventati un ostacolo da affrontare. Ossia il mondo sembra essersi rimpicciolito, tutti possono condividere opinioni e dire la propria su chi sei e a volte è arduo stare al passo con i propri pensieri, la propria identità… Figuriamoci poi il riconoscere i bisogni più autentici.

Le conseguenze di un mondo di ‘apparenze’…

Viviamo in un mondo in cui c’è un’industria miliardaria fondata sull’apparenza: filler, correttori, tiranti per la pelle… Per non parlare dei ritocchi fotografici operati con photoshop e i tanti filtri che alterano forma e struttura del viso sulle app dello smartphone. Ogni giorno milioni di persone si avvalgono di questi mezzi per nascondere chi sono veramente. Tutto questo distrugge i presupposti per qualsiasi relazione appagante.

L’autenticità nei rapporti con gli altri…

I rapporti con gli altri dovrebbero vertere innanzitutto sull’accettazione di sé stessi. Cioè sull’autenticità del proprio essere e l’accogliere l’altro per ciò che è e non per “come si vende” con filtri e frasi ad affetto, usate giusto per conclamare una conquista fugace. Quando ci dirigiamo verso il mondo dell’apparire, ne risentiamo a livello più profondo e i legami interpersonali ne pagano lo scotto più eclatante. Eppure la vita non è sopportare, non è nascondersi, la vita è accettarsi e presentarsi all’altro con tutte le proprie meravigliose imperfezioni. Quando usiamo un filtro di bellezza, è un po’ come se dicessimo a noi stessi “non vado bene così come sono e l’opinione che hanno gli altri di me vale più dell’opinione che ho io di me stesso”. E questo pensiero non può che aprire le porte a legami disfunzionali.

La tristezza con o senza un motivo. Scopriamoci meglio

Qual è la differenza che demarca il sentirsi tristi senza un motivo apparente e sentirsi triste per un
motivo?
La differenza risiede tra l’autoconsapevolezza e la sua assenza. Malesseri più profondi che
nascondono verità difficili da accettare, generano stati d’animo cupi che all’apparenza sembrano far
parte di noi. Invece, nella realtà, raccontano solo una storia che non abbiamo avuto l’occasione di
conoscere. Una storia che abbiamo imparato a ignorare per proteggerci dalla sofferenza. È questo
che succede in psicologia quando mancano determinati strumenti. Con l’intento di proteggerci dal
dolore, ci causiamo solo ulteriore sofferenza. La verità è che ognuno di noi reputa di conoscersi
ma non si conosce affatto.
Siamo molto più complessi di ciò che pensiamo e dovremmo impegnarci
a conoscerci, a indagare nel nostro passato, a vedere nelle nostre ferite! Per ogni stato d’animo che
proviamo nel nostro presente c’è sempre una spiegazione, anche in questo caso, l’assenza di una
cultura emotiva ne pregiudica la comprensione.

Bontà o insicurezza nascosta? Riscrivi le pagine della tua vita

Come mai, spesso, un eccesso di bontà cela un’insicurezza?

Dire «no» a una richiesta di aiuto o porre dei limiti a ciò che siamo disposti ad accettare per il benessere altrui, è particolarmente difficile per alcune persone. La paura di essere rifiutati, giudicati o addirittura allontanati e stare soli, ci spinge a un tipo di altruismo che ci si ritorce contro. Con la disponibilità cerchiamo di proteggere la nostra fragile autostima dal giudizio negativo altrui.

Bambina con pupazzo in mano
Pixabay

L’affidabilità diviene il mezzo mediante il quale cerchiamo di lenire una ferita ben nascosta ma più profonda e che fa ancora tanto male: quella della disapprovazione. I bambini che sono stati trattati come un ingombro, un peso da sopportare, hanno imparato ben presto che per sopravvivere dovevano arrangiarsi da soli e che per ricevere un po’ di approvazione genitoriale, dovevano ingegnarsi, fare il possibile e l’impossibile!

Donna con i capelli al vento
Pixabay

Questi bambini sono cresciuti con un senso di insicurezza enorme che da adulti può presentarsi in tanti modi. Possono sembrare schivi, rimuginanti e indecisi. Pensano e ripensano a mille evenienze prima di prendere qualsiasi decisione e rimuginano a decisione presa! E ancora, molto responsabili (finiscono per addossarsi responsabilità altrui) e, non capendo tutto il dolore che c’è dietro a tali condotte, pensano semplicemente di essere “troppo buoni”. Quando in realtà stanno solo continuando a soffrire e alimentare una ferita. Anche alla disponibilità c’è un limite. È giusto aiutare il prossimo ma non quando questo significa sottomettere sé stesso, anteporre i bisogni altrui ai propri e sacrificarsi oltremisura.

I rapporti interpersonali… così difficili

Perché, a volte, si ricerca la sofferenza come forma di relazione con gli altri?

Anche in questo caso le ragioni vanno indagate nell’infanzia. Chi siamo oggi, cosa facciamo e come ci muoviamo nel mondo, dipende da meri apprendimenti. Ti sorprenderà sapere che tutto ciò che sai oggi sull’amore lo hai imparato prevalentemente nei tuoi primi anni di vita. Così, se durante l’infanzia le circostanze ci hanno indotto ad adattarci all’instabilità (genitori che non si amavano, i cui litigi avevano ripercussioni sui figli, figli trattati come eterni subordinati, genitori ambivalenti…) da adulti arriviamo al punto paradossale di sentirci più a nostro agio con i rapporti tumultuosi e precari.

Coppia che litiga
Pixabay

Non essendo abituati all’unione, alla stabilità di coppia e al sentirci amati e rispettati per ciò che siamo si verifica un effetto paradosso. Dentro di noi desideriamo quel «vissero felici e contenti» ma a conti fatti non riusciamo a conquistarlo. Ciò perché nessuno ci ha insegnato a costruirlo! Si tratta di un mero apprendimento. Ad amare e lasciarsi amare s’impara, così come a costruire legami. Nel nostro libro «Riscrivi le Pagine della Tua Vita» abbiamo gettato le basi dell’auto-consapevolezza affinché ognuno possa costruirsi una vita a misura dei propri bisogni più intimi. A breve, inoltre, sarà disponibile un secondo libro che porrà l’accento proprio sulle relazioni di coppia. Durante la nostra crescita, nessuno ci fornisce un libretto di istruzione per amare e lasciarsi amare. Eppure, le relazioni sentimentali occupano una parte predominante della vita di tutti e andrebbero “maneggiate con cura!”.

Cosa si può fare per non accettare situazioni scomode?

La risposta è semplicissima ma non è di altrettanto facile attuazione. Basterebbe imparare ad accettarci e definirci come persone complete. L’affermazione di sé ci dà modo di scandire confini interpersonali. Questi operano una sorta di selezione naturale che tiene vicino chi ci stima e allontana chi ci manca di rispetto (e con egli allontana anche le situazioni scomode). Affermarsi come persone complete, meritevoli di uno spazio e di un tempo, degne di amore, stima e fiducia, non è affatto un’impresa banale. Inoltre non ha niente a che vedere con l’auto-realizzazione professionale.

Quello che sta dietro alle apparenze… Riscrivi la tua storia personale

Nell’immaginario collettivo chi ha una carriera di successo è immune a situazioni o relazioni scomode, niente di più sbagliato! Anzi, quando raggiungi determinati livelli di successo professionale, il divario tra affermazione professionale e mancata affermazione personale può essere tale da rendere le proprie ferite ancora più taglienti. Per comprenderlo, basterà pensare alle storie di alcolismo raccontate da Tiziano Ferro, Elton John e le storie che persone di successo come Amy Winehouse non ci potranno mai raccontare.

Una coppia di uomo e donna
Pixabay

Specifichiamo questo per sfatare un mito che grava sul cuore di molte persone: le performance non contano! Le performance appartengono a un mondo superficiale ma noi abbiamo bisogno di qualcosa di più profondo, abbiamo bisogno di guardare oltre! Voti alti all’università, posizioni di potere, mille like sotto una foto sui social… non potranno mai darti il riconoscimento che solo tu puoi donare a te stesso. Per affermare sé stessi non sono necessarie grandi imprese, è l’auto-accettazione in sé l’impresa da compiere.

Ascoltare il bambino ferito come punto di partenza

Parto da un versetto introduttivo del vostro libro nel Capitolo I. «Ogni risposta che dai ai tuoi perché ti avvicinerà al tuo bambino ferito, tu avrai il dovere di tranquillizzarlo, perché la sua sicurezza sarà la tua crescita». Cosa vuol dire esattamente?

Molti adulti vivono ancora come bambini feriti. Di certo avrai sentito parlare della «piramide dei bisogni di Maslow», pochi, però, sanno che quello è solo un piccolo pezzo della «teoria della Motivazione Umana». I bisogni che nutriamo, infatti, sono alla base della nostra motivazione, guidano i nostri comportamenti. Alla base della gerarchia dei bisogni (quella che comunemente viene chiamata “piramide di Maslow”) vi è la sicurezza fisica e psicologica. Quindi parliamo della soddisfazione di bisogni fisiologici e bisogni psichici come la necessità di sentirsi al sicuro, amato, sentirsi riconosciuto e rispettato. Dovremmo soddisfare questi bisogni durante l’infanzia. Tuttavia, l’ambiente in cui cresciamo, sebbene sia in grado di fornirci un rifugio sicuro e del cibo, non sempre è all’altezza di fornirci sicurezza psicoaffettiva.

Coppia Che Si Abbraccia

Così cresciamo con un bisogno di riconoscimento rimasto insoddisfatto, cresciamo portando dentro di noi un bambino ferito, affamato di conferme. Molte persone sono sospese alla base della piramide. Cioè sembrano ricercare amore e rispetto senza davvero ottenerlo, sembrano ricercare stima e apprezzamenti, senza però riuscire mai a riscattarsi. Questo avviene perché cercano di soddisfare quel bisogno così ancestrale all’esterno di sé. Le persone riescono a raggiungere l’apice della piramide di Maslow (l’auto-realizzazione personale) solo quando sono pronte ad analizzare la propria vita. Dunque a conoscersi da vicino e comprendere le verità più intime e nascoste della propria storia evolutiva personale.

Riscrivi le pagine della tua vita. Quali domande possiamo porci?

Fornire risposte a domande tipo «perché Tizio mi fa sentire così?», «perché sono tanto attratto da Caio?» oppure «perché mi sento solo anche se sono in coppia?», ci consentirà di comprendere quel bambino ferito che guida i nostri comportamenti. Come spieghiamo in Riscrivi le pagine della tua vita ci consentirà di donarci quel riconoscimento che tanto ci è mancato da piccoli. L’infanzia ha un ruolo cruciale nella nostra vita, perché è lì che tutto ha avuto inizio, nel bene e nel male. Lavorare sul nostro presente significa comprendersi nel profondo e per comprenderci davvero non possiamo ignorare come siamo diventati ciò che siamo oggi. Le nostre esperienze ci hanno reso forti o insicuri, tenaci o arrendevoli. Iniziare a interrogarci e fornirci qualche risposta ci renderà più presenti a noi stessi. Ci darà modo di conoscerci e individuarci come persone autonome e capaci! Soddisferà quel bisogno di sicurezza psicoaffettivo posto alla base della piramide.

Chi era Ana Maria Sepe da bambina?

Ana Maria da bambina è stata letteralmente strappata via da tutto il suo mondo. Aveva solo dieci anni quando dovette lasciare il suo paese di nascita, il Venezuela, e con esso dovette separarsi anche dal suo papà. Quando arrivò qui in Italia il confronto con il gruppo dei pari fu terribile. A scuola e in qualsiasi attività, non conoscendo la lingua, si sentiva sempre un passo indietro a tutti. Così in famiglia iniziò a covare un senso di ribellione per l’ingiustizia subita. Con il tempo e tanta introspezione, Ana Maria ha imparato a rispettare i suoi tempi e a dare valore a sé stessa a prescindere dai risultati ottenuti. Lei ha imparato ad ascoltare i suoi disagi e dopo aver ascoltato sé stessa, si è scoperta un’ottima ascoltatrice degli altri! Un pezzetto della storia di Ana Maria sarà parte integrante dell’epilogo del secondo libro di Psicoadvisor.

Chi era Anna De Simone da bambina?

Anna da bambina è stata una bulla, l’incubo delle sue compagne di classe. Un bullo è un bambino
che non ha alcun senso di appartenenza e così usa l’aggressività per celare finanche a sé stesso
inadeguatezza, tensioni e una forte solitudine di sottofondo. Crescendo Anna ha dovuto cambiare
non poche cose di sé. Lo scoglio principale è stato quello di riuscire a entrare in contatto con le sue
emozioni
così come imparare a creare legami basati sulla fiducia. Oggi è una persona risolta e nel
suo percorso di maturazione affettiva e crescita, deve molto ad Ana Maria!

Anna e Ana, cosa vorreste dire ai vostri lettori?

Innanzitutto grazie! Sono sempre loro a farsi avanti con commenti, recensioni e messaggi. Quindi vogliamo approfittare di quest’occasione per pronunciare un immenso e sentito grazie! È vero, il nostro editore ci ha dato un compenso per scrivere il libro ma nulla ci ripaga più profondamente della loro gratitudine che è così grande da risuonare forte in noi. Ecco, allora vorremmo manifestare un po’ di quell’affetto che ogni giorno ci dimostrano!

Un Cuore Sulla Sabbia
Pixabay


Ai lettori di Riscrivi le pagine della tua vita e di Psicoadvisor poi, non smetteremo mai di ripeterlo: «imparate a guardare oltre!». Se la vostra vita non riflette a pieno ciò che siete, ciò che sentite o che desiderate, è solo perché l’avete vissuta fino a oggi a occhi chiusi. Ma questa non è certo una colpa o un demerito, è semplicemente la conseguenza dell’assenza di una cultura emotiva. Vi hanno insegnato la matematica, la storia, la geografia. Però se nessuno vi ha mai spiegato come fare scelte consapevoli e in linea con i vostri bisogni, è normale ritrovarsi con matasse dolorose da dover districare. Spingendoci oltre la superficie delle cose, oltre le apparenze, abbiamo la possibilità di invertire la rotta, cambiare le cose, persino noi stessi! Riscrivi le pagine della tua vita!

Riscrivi le pagine della tua vita. Parlano le autrici del bestseller di Rizzoli ultima modifica: 2023-04-20T14:40:45+02:00 da Antonella Marchisella

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